FLAMEL, NICOLAS
L'Alchimista benefattore "Quattordici ospedali, tre cappelle e sette
chiese nella città di Parigi, tutte costruite dalle fondamenta e arricchite
con grandi doni e lasciti; e Boulogne quasi del pari con Parigi, per non
parlare delle beneficienze nei confronti dei poveri, specialmente delle vedove
e degli orfani". Così, attorno al 1390, Nicolas e Perenelle Flamel
raccontavano come avevano utilizzato parte della loro enorme ricchezza. Grazie
alla sua professione (era scrivano e copista), il parigino Flamel aveva spesso
occasione di imbattersi in libri rari e antichi. Nel 1357 ne aveva acquistato
uno fittamente miniato dalle insolite dimensioni: "La legatura era in
solido ottone, e dentro vi erano figure e caratteri che non erano né latini né
francesi. Era stato scritto con una matita di piombo, su fogli di corteccia, ed
era stranamente colorato". Sulla prima pagina, in lettere d'oro, compariva
la dicitura "Abramo l'Ebreo, Prete, Principe, Levita, Astrologo e
Filosofo, alla nazione degli ebrei dispersa in Francia dall'Ira di Dio, augura
Salute". Dopo aver lanciato un anatema a chi avesse osato leggere il libro
"senza essere un rabbino o uno scrivano", l'autore continuava
spiegando che il volume forniva agli Ebrei di Francia un mezzo per pagare le
tasse all'Impero, perché insegnava come trasformare in oro i metalli vili.
Una ricerca durata ventun anni. Come scrivano, Flamel si sentì autorizzato a
proseguire la lettura. In anni di paziente lavoro riuscì a tradurre il LIBRO
DI ABRAMO quasi interamente, ma il punto focale una pagina fitta di iscrizioni
simboliche poteva essere decodificata solo da un ebreo particolarmente
versato nella Kabbalah. Per almeno un decennio Flamel cercò qualcuno in grado
di intrerpretarla; lo trovò in Spagna, durante un pellegrinaggio a Santiago di
Compostela. Era un erudito di nome Canches, che appena vide le copie delle
iscrizioni, scoppiò a piangere commosso: riteneva infatti che quell'antico
libro fosse andato perduto per sempre. Prima di morire, Canches rivelò a Flamel
il significato della formula misteriosa; fu così che il fortunato copista fu in
grado di fabbricare la Pietra Filosofale e di produrre oro su scala quasi industriale,
devolvendo in beneficienza parte della sua magica ricchezza. (Ma, per alcuni la
spiegazione della ricchezza di Flamel è molto più semplice: non avrebbe trovato
un testo di ALCHIMIA, bensì una mappa che indicava i nascondigli in cui gli
Ebrei avevano nascosto i loro TESORI quando vennero cacciati dalla
Francia per ordine di Filippo il Bello).
L’eterna giovinezza. Subito dopo la morte di Flamel (1419) cominciò a circolare
un’altra voce. Lungi dal lasciare questa valle di lacrime, l’alchimista aveva
raggiunto la moglie in Svizzera (Perenelle era morta nel 1397) secondo un
piano prestabilito; nelle loro tombe era sepolto un pezzo di legno. Tra i
segreti del LIBRO DI ABRAMO si trovava, infatti, infatti, anche quello
dell'“Elisir di lunga vita”, in grado di conferirgli l’IMMORTALITA’.
Nel corso dei secoli Flamel i coniugi Flamel furono visti parecchie volte.
Qualcuno identificò Flamel con il CONTE DI SAINT-GERMAIN; altri, nel 1761,
riconobbero lui e Perenelle all'Opera di Parigi; altri ancora lo incontrarono
in Boulevard du Temple verso la fine del secolo scorso. Per alcuni, infine, il
misterioso FULCANELLI,"Il più celebre e senza dubbio il solo vero
alchimista di questo secolo", popolare in Francia durante gli anni ‘20 e
‘30, altri non era che Nicolas Flamel in una delle molte identità che ha
adottato negli ultimi cinquecento anni.