ISOLA DI PASQUA

Sorpresa pasquale. Quel mattino, il capitano Jakob Roggeveen, olandese, non credeva ai propri occhi. Da una piccola isola non segnata sulle carte decine di enormi teste di pietra sembravano osservarlo dalle loro orbite vuote. Era il giorno di Pasqua 1722: almeno non ci sarebbe stato da arrovellarsi per trovare un nome alla terra appena scoperta. Sperduta nell'Oceano Pacifico, a 3700 chilometri dalla costa del Cile, l'Isola di Pasqua nasconde, nei suoi 400 chilometri quadrati di superficie, un grande numero di mi­steri, e forse molti non sarebbero tali se, nel 1862, i trafficanti di schiavi peruviani non avessero de­portato gran parte dei suoi già scarsissimi abitanti. Quando infatti si cominciò a studiare l'isola da un punto di vista antropologico e storico, la sua struttura sociale era completamente distrutta, e l'origine della sua scrittura dimenticata insieme a quella dei Moai, i grandi volti di pietra. Tutte le (poche) in­formazioni che ora possediamo sull'isola giungono da una tradizione ormai confusa e contraddittoria. Secondo gli isolani superstiti, nell'isola abitavano due differenti razze: le “Orecchie Lunghe”, che prove­nivano dall'est, e le “Orecchie Corte”, che venivano dall'ovest. Le Orecchie Corte erano sottoposte alle Orecchie Lunghe, finchè, in una data situabile tra il 1680 e il 1774 (anche dopo la sua scoperta i visitatori dell'Isola di Pasqua furono pochissimi, e non esistono notizie certe sulla cronologia degli avvenimenti), le Orecchie Corte si ribellarono, massacrarono le Orecchie Lunghe e abbatterono gran parte dei Moai.

L’isola dei misteri. Chi erano le Orecchie Lunghe e le Orecchie Corte? Con ogni probabilità provenivano da aree diverse del Pacifico e apparte­nevano a ceppi etnici differenti; ma perchè si erano rifugiati proprio in quella piccola isola, e come mai erano rimasti così in pochi? Chi aveva edificato i Moai, a che scopo e con che mezzi? La scultura dell'isola di Pasqua può essere divisa in tre periodi di cui il primo, forse, inizia intorno al 300 d.C. Allora l'architettura assomigliava a quella di TIAHUANACO, ed era caratterizzata da statue di media grandezza e osservatori solari. I “testoni” (secondo periodo) cominciarono ad apparire intorno al 1100; erano e sono tutt'ora appoggiati su piattaforme chiamate ahus, spesso costruite con pietre ricavate abbattendo gli osservatori (il terzo periodo è associato con il culto di un dio-uccello, rappresentato in diverse piccole sculture di legno e di pietra).
Il Moai più grande è alto venti metri e pesa circa 82 tonnellate. Come poteva un popolo assai poco sviluppato tecnologicamente costruire simili colossi? Per quanto riguarda la scrittura (chiamata Rongo-Rongo, costituita da simboli e mai decifrata), perchè presenta sconcertanti analogie con i segni che compaiono su certi antichi sigilli ritrovati a MOHENJO DARO, in Pakistan?
Inutile dire che questi misteri hanno scatenato la fantasia di molti. Per alcuni l'Isola di Pasqua avrebbe fatto parte del continente MU, e sarebbe stata collegata ad Asia e Americhe da immense GALLERIE. Dopo che MU si innabissò nelle acque del Pacifico, i sopravvissuti (appartenenti, appunto, a vari ceppi etnici) vi sarebbero rimasti isolati. E la loro scrittura sarebbe proprio la stessa usata nella valle dell'Indo, in quanto MU costituiva una specie di ponte sul Pacifico, come ATLANTIDE lo costi­tuiva sull'Atlantico.
In realtà qualche enigma dell'isola di Pasqua è stato svelato: come si è ricordato nel congresso intitolato "Misteri risolti" che si è svolto a TORINO nel 1988, nel 1955 l'esploratore Thor Heyerdahl riuscì a mettere in piedi un Moai in diciotto giorni, con l'aiuto di dodici nativi e, come unici strumenti, tronchi e pietre. E' dimostrato, dunque (ma non è detto che sia successo realmente), che anche la modesta tecnologia locale avrebbe potuto realizzare quelle opera imponenti.

Segnale d’allarme. E' recentissima, invece, la scoperta della causa della scarsità della popolazione dell'isola. Studiando pol­lini fossili alcuni ricercatori hanno rilevato che, secoli addietro, essa offriva tutti i necessari mezzi di sussistenza; successivamente l'eccessivo sfruttamento dei campi, l'uso indiscriminato del legno delle foreste, i numerosi incendi appiccati durante le guerre locali ne hanno distrutto completamente l'equilibro ecologico, riducendo alla fame i suoi abitanti. Un importante segnale d'allarme che viene da una piccola isola sperduta nel Pacifico.