TRIANGOLO DELLE BERMUDA
Incidente di viaggio. "Giovedì 13 settembre: in questo giorno,
all'inizio della notte, gli aghi delle bussole si spostavano verso Nord Ovest,
e alla mattina volgevano alquanto verso Nord Est (...). Sabato 15 settembre: al
cominciar della notte videro cader dal cielo una meravigliosa striscia di
fuoco, a quattro o cinque leghe dai navigli (...). Lunedì 17 settembre: i
piloti fecero il punto, e riconobbero che le bussole non indicavano la giusta
direzione; e i marinai se ne stavano timorosi e accorati, e non dicevano di
che. L'Ammiraglio se ne accorse, ed ordinò ai piloti che allo spuntar del
giorno tornassero a fare il punto, e, preso il Nord, trovarono che gli aghi
erano buoni."
Questi incidenti di navigazione sono tratti dai Giornali di Bordo di Cristoforo
Colombo, scritti mentre era in rotta per il Nuovo Mondo. In quei giorni le tre
caravelle navigavano nel bel mezzo di un triangolo di mare delimitato a nord
dalle attuali Bermuda, a ovest dall'isola di Grand Bahama e a sud da Portorico.
Fu forse proprio allora, in quel lontano settembre 1492, che ebbe inizio la
sinistra fama di quella zona ora nata come “Triangolo Maledetto” o Triangolo
delle Bermuda: un posto dove le bussole smettono di funzionare e “meravigliose
strisce di fuoco” cadono dal cielo.
Un secondo inizio. Ma la storia ha anche un secondo inizio, molto più
recente. Alle ore 14 del 5 dicembre 1945 cinque aerei TBM Avengers della marina
americana partirono dalla base di Fort Lauderdale (Florida) per
un'esercitazione di tiro al bersaglio. La squadriglia puntò verso est, in
direzione delle Bahamas, raggiunse il bersaglio, completò l'esercitazione e
imboccò la strada del ritorno. O, almeno, credette di imboccarla. Alle 15.15,
infatti la torre di controllo di Fort Lauderdale ricevette un messaggio dal comandante,
il tenente Charles Taylor. “Chiamo la torre. Emergenza. A quanto sembra siamo
fuori rotta. Non riusciamo a vedere la terra…” E ancora: “Non sappiamo la
nostra posizione! Non sappiamo dove sia l'ovest… Qui non funziona più niente…
Anche il mare non è dove dovrebbe essere!”. La base di Fort Lauderdale
ricevette qualche altro confuso messaggio: “Tutte le mie bussole sono guaste”,
“Non so dove ci troviamo”, “Nessuna terra è in vista”.
Le comunicazioni, sempre più disturbate e contradditorie, continuarono fino
alle 16. Poi, più niente.
Un apparecchio di ricognizione fu inviato immediatamente sulla zona dove gli
aerei avrebbero dovuto trovarsi. Era un grosso Martin Mariner. L'apparecchio
inviò un messaggio a proposito dei venti che soffiavano con intensità al di
sopra dei 1800 metri. Furono le ultime parole del suo comandante, il tenente
Kane. Anche il Martin Mariner interruppe ogni contatto con la base, senza
alcuna apparente ragione. Trecentosette aeroplani, quattro cacciatorpedinieri,
diciotto vedette della guardia costiera, centinaia di aerei e imbarcazioni
private parteciparono alla più colossale ricerca della storia. Novecentottantacinque
miglia quadrate di mare furono perlustrate palmo a palmo ma non fu rinvenuta nessuna
traccia (macchie di olio, zattere di salvataggio, relitti galleggianti o altro)
che potesse far pensare a un incidente.
La commissione d'inchiesta che si occupò del caso non espresse un parere.
Ascoltò cinquantasei testimonianze in quattordici giorni di udienze; esse
vennero verbalizzate e il caso fu chiuso. Per la cronaca, il 18 Maggio 1991 la
stampa ha dato ampio risalto al ritrovamento della squadriglia perduta,
dichiarando così definitivamente risolto il mistero; qualche giorno dopo però
la notizia è stata smentita: i relitti rinvenuti nelle profondità marine
appartenevano ad aerei più recenti.
Passato burrascoso. Abbiamo detto “secondo inizio”. Infatti fu dopo
questo incidente inesplicabile che si cominciò a collegare quel tratto di mare
con altre sparizioni dall'apparenza inquietante avvenute in passato. Nel 1800
la U.S.S. Pickering sparì tra la Guadalupa e Delaware; nel 1814 la U.S.S. Wasp
scomparve nei Caraibi; e poi il Grampus, la Maria Celeste, l'Atlanta.
Un'infinità di navi o inghiottite dal nulla oppure ritrovate, come la Rosalie,
completamente vuote, abbandonate senza apparente ragione dall'intero equipaggio.
Dopo quel fatidico 5 dicembre, le sparizioni non accennarono a dimunuire. Nel
libro Without a Trace (Senza Traccia) Charles Berlitz, uno dei principali
studiosi dell'argomento, elenca 143 tra navi e aerei “svaniti” in quella
misteriosa zona di mare. Sempre Charles Berlitz che, nel suo primo libro
sull'argomento The Bermuda Triangle (Il Tringolo delle Bermuda, 1974), elenca
le “possibili” spiegazioni date da vari studiosi del fenomeno delle sparizioni.
Eccone alcune delle più affascinanti: le navi sono “rapite”
dagli UFO, l'ipotesi è stata ripresa nel film Incontri ravvicinati
del terzo tipo: ricordate che all'inizio gli apparecchi Avenger scomparsi
riappaiono dopo quasi 40 anni in deserto del Messico?); la presenza di armi
mai disattivate costruite da una civiltà precedente alla nostra e dotata
di una tecnologia infinitamente superiore; esperimenti militari condotti
dal governo americano (il segretissimo “ESPERIMENTO DI FILADELFIA”
per rendere invisibile le navi a mezzo di campi magnetici); deformazioni spazio-temporali
o addirittura magia nel senso tradizionale del termine. Il libro di Berlitz
ottenne un successo straordinario, ed il suo autore diventò d'improvviso
celebre e ricco. Anche il Triangolo delle Bermuda balzò all'improvviso
alla ribalta. Al misterioso tratto di mare si ispirarono numerosi film (generalmente
piuttosto brutti); insomma, “il Triangolo” diventò un vero
e proprio affare.
Il mistero risolto: così si intitola il libro pubblicato da Lawrence David
Kusche The Bermuda Triangle Mystery Solved, pubblicato nel 1975, un anno dopo
quello di Berlitz. L'autore afferma che nessuna sparizione avvenuta nel
“Triangolo” è più misteriosa di tante altre avvenute nel mare. Con grande
meticolosità esamina gli “avve-nimenti misteriosi” caso per caso, a partire da
quello di Cristoforo Colombo, e trova delle spiegazioni “razionali”. Fa
rilevare che fu Colombo stesso a trovare una spiegazione (un po'semplicista, in
verità) per lo strano comportamento notturno degli aghi della bussola. Nei
suoi diari Colombo scrisse infatti: “e ciò fu perchè non si muovono gli aghi,
ma la Stella Polare”. Per quanto rigurda la scomparsa degli Avenger, Kusche
asserisce che si è trattato di una serie di sfortunate coincidenze. I piloti
erano allievi, che non conoscevano ancora bene i loro apparecchi; secondo gli
interrogatori della commissione d'inchiesta il loro comandante, il tenente
Taylor, avrebbe chiesto di essere sostituito nella missione, probabilmente
perchè non stava bene. E, per quanto riguarda il Martin Mariner, sarebbe
precipitato forse proprio a causa dell'estrema turbolenza segnalata dal
comandante stesso.
Kusche ce la mette tutta a demolire le ipotesi fantasiose. Ricorda che nel
mondo esistono altre zone “pericolose” come il “Triangolo delle Bermuda”: in
Giappone ce n'è una analoga, il “TRIANGOLO DEL DRAGO”. E che, percentualmente,
le sparizioni registrate non sono più numerose di quelle che avvengono in altri
tratti di mare naturalmente pericolosi (a causa di correnti, venti, e altro).
Ma è proprio questo impegno addirittura maniacale a rendere il suo libro poco
convincente. Insomma, sembrano quasi più plausibili le spiegazioni
“impossibili” di Berlitz che quelle “possibili” di Kusche.