INVENZIONI E DICERIE
La lampada che non si spegne. Le popolari “Leggende urbane” sono quei
tipici racconti che iniziano invariabilmente con la frase “Un amico di un mio
amico mi ha raccontato che...": veri e propri miti dei nostri giorni,
caratterizzati dal fatto che vengono sempre narrati come fatti realmente
accaduti a qualcuno che lontanamente conosciamo. Vi troverete la storia di quel
tale a cui hanno cucinato il cane nel Ristorante Cinese (ripresa anche da
Fantozzi); della moglie che per vendicarsi del marito infedele gli ha venduto
la Jaguar nuova a 300.000 lire, e altre amenità di questo genere. Leggerete
anche la famosa vicenda della "lampadina eterna": chi scrive l'ha
udita anche nella versione "lametta da barba eterna" forse più
popolare in Italia.
Dunque. Un amico di un mio amico si è accorto che una certa lampadina che aveva
in casa da chissà quanto tempo non si bruciava mai. Riflettendoci, gli è venuto
in mente che si trovava già lì al suo arrivo in quell'appartamento, una
ventina di anni prima. Incuriosito, ha svolto qualche ricerca e ha scoperto
che essa era stata fabbricata nel lontano 1920: a questo punto ha scritto alla
casa produttrice chiedendo spiegazione del mistero, e, con sua grande sorpresa,
questi gli hanno offerto di comperare la lampadina per venti milioni. L'amico
di quel mio amico ha rifiutato e ha continuato le indagini. E' venuto a sapere
che nel 1920 quella ditta aveva acquistato il brevetto per una lampadina
"eterna", e ne aveva realizzato alcuni prototipi. Naturalmente l'intenzione
della ditta era quella di pagare profumatamente l'inventore per ottenere il
brevetto in esclusiva e non farne uso: la produzione una “lampadina eterna”,
avrebbe causato il fallimento dei produttori di lampade “normali”. Le cose
erano effettivamente andate così; l’inventore era stato compensato e il
brevetto distrutto; se non che uno dei prototipi era finito per caso in mezzo
alle altre lampadine, e il mio amico (verso la fine della storia l'amico
dell'amico diventa, solitamente, un amico personale) l'aveva scoperto a casa
sua dopo sessant'anni.
Le dicerie a proposito di invenzioni ritirate sul mercato "perchè
avrebbero fatto concorrenza alle grandi società" si contano a decine: c'è
la già citata lametta che non si consuma; la stoffa indistruttibile (ricordate
il film L'uomo dal vestito grigio, con Alec Guinness?), il motore che va a
acqua, la schiuma da barba che elimina la barba senza bisogno del rasoio:
leggende urbane che, oltre a rappresentare desideri più o meno inconsci di
comodità e di risparmio, sottolineano una notevole sfiducia nei confronti dei
produttori di beni di consumo.
Ma non è neppure detto che si trattisempre di leggende: basta assistere al film
Tucker per scoprire cosa può accadere a un inventore “non allineato”. Secondo
il massimo esperto in materia, certo Waves Forest, casi di “invenzioni
boicottate” sono molto più comuni di quanto si possa immaginare. Forest dirige
e pubblica la rivista Further Connections (P.O.Box 768, Monterey, California
90940, USA), che raccoglie in ogni numero circa quattrocento ritagli tratti
dalla stampa mondiale e corredati da un’ampia bibliografia scientifica a
proposito di invenzioni annunciate e misteriosamente cadute nell’oblio. Non c’è
da stupirsene: come osserva Waves Torres, il destino economico dell’intera
popolazione mondiale (cinque miliardi di uomini) è controllato da non più di
quattromila persone, e queste, ovviamente, hanno tutto l’interesse a non
spartire con altri il loro immenso potere.
Le invenzioni dell’Asse. Un altro abbondante filone di dicerie nato, in
questo caso, a scopi di propaganda è quello che riguarda ipotetiche armi
segrete prodotte - ma mai utilizzate - dai fascisti e dai nazisti durante la seconda
guerra mondiale. Secondo una diceria popolare negli anni '30, Guglielmo Marconi
stava mettendo a punto un “raggio della morte” in grado di uccidere a distanza.
La voce era probabilmente nata dopo che alcuni giornalisti avevano visto
Marconi sperimentare un prototipo di radar; si diffuse a tal punto che
l’inventore della radio fu costretto a smentirla pubblicamente nel New York
Herald del 1935. Nonostante la smentita la voce si ingigantì, e continuò anche
dopo la morte dello scienziato (1937); si diffusero anche le notizie che
Marconi aveva interrotto gli esperimenti sul raggio dopo che Papa Pio XI
l’aveva convinto che si trattava di un’arma troppo disumana, e che la morte
improvvisa dello scienziato fosse dovuta a un suicidio (determinato dai sensi
di colpa) o a un omicidio (per non aver portato avanti gli esperimenti).
Durante la Seconda Guerra Mondiale si diffusero notizie su raggi di ogni
genere. I tedeschi avrebbero inventato il “Raggio Z”, in grado di interrompere
le comunicazioni e fare esplodere le munizioni a distanza, mentre un altro
raggio avrebbe arrestato i motori a scoppio; un certo Bellaschi, italo
americano, avrebbe realizzato il “fulmine artificiale”, e un certo Chadfield il
misterioso e temibile “Raggio ultravioletto, o gamma, o X”. Un numero di
Signal, il settimanale propagandistico del Terzo Reich, pubblicò addirittura
una sequenza fotografica, tecnicamente molto ben realizzata, che illustrava
gli effetti di un raggio in grado di rendere invisibili truppe e carri armati.
Anche a guerra finita, le dicerie sulle armi segrete naziste continuarono,
alimentate dalla scoperta da parte degli Alleati di prototipi di veicoli aerei
a forma di disco, e dalla comparsa dei primi UFO nei cieli degli Stati Uniti.
Il volume La distruzione del mondo - ? - Hitler prepara... (il titolo è proprio
scritto così), realizzato nel 1948 da un non meglio identificato Darius Caasy,
“giornalista che si è fatto conoscere in Italia per alcuni suoi articoli
sensazionali pubblicati sui quotidiani”, dimostra “come i nazisti, avendo
preventivamente contemplata la possibilità di una sconfitta nella Seconda
Guerra Mondiale, abbiano apprestato uomini e mezzi per preparare, con
un’adeguata organizzazione, una clamorosa rivincita, realizzando un piano che,
come annunciato nelle profezie, potrebbe portare alla distruzione del mondo”.
Dopo aver dimostrato che HITLER era ancora vivo (all’epoca non esistevano
ancora prove certe della sua fine), Caasy descrive con ricchezza di dettagli i
piani e le basi segrete del dittatore. Si tratta di enormi città sotterranee
disseminate in tutta Europa, in grado di ospitare per anni migliaia di persone;
alcuni di questi centri sono adibiti agli esperimenti nucleari; in altri si
svolge “lo studio di altre scienze, delle quali nessuna viene lasciata
indietro: dalla medicina, alla meccanica, alla chirurgia, alle costruzioni
(...); speciali pubblicazioni vengono distribuite per dar modo a ogni attività
scientifica di rendersi ragione dei continui progressi delle altre scienze”. E
a questa specie di Utopia fantascientifica volta al male che si deve “il
passaggio dei bolidi, delle sfere volante, dei dischi, delle luci azzurre nei
cieli d’Europa e d’America, la comparsa misteriosa di aerei e mezzi subacquei,
e certi strani fenomeni(...) che tengono in allarme le profezie dei vari
paesi”.
I diabolici comunisti. L’ingenuità delle terrificanti narrazioni di
Caasy può fare sorridere, anche considerando l’epoca in cui sono state scritte;
nemmeno stupiscono le indiscrezioni su fantascientifiche armi sovietiche (armi
ESP, ONDE ELF, UFO provenienti da basi artiche) diffuse nel periodo della
“Guerra Fredda”. Più stupefacente è il fatto che, ancor oggi, i quotidiani
nazionali pubblicano con molta seriosità “rivelazioni” della stessa levatura
scientifica a proposito delle sinistre invenzioni dei “diabolici comunisti”
scoperte negli archivi segreti della scomparsa Unione Sovietica. Tra il 1991 e
il 1993 sono state trovate “le prove che i sovietici erano in grado di
scatenare terremoti artificiali”, “la prova che i sovietici hanno scatenato
gravi epidemie” (tra cui, forse, anche quella dell’AIDS), e, last but not
least, è stata rinvenuta la famosa “Mosca sotto Mosca”. La notizia - a cui la
stampa internazionale ha dato molto rilievo - è stata rilasciata da un ex
ufficiale del KGB al settimanaleArgumeny i Fakty, una rivista che, ultimamente,
è diventata la maggior acquisitrice di “Archivi segreti” dell’ex-URSS. La città
sotterranea si estenderebbe per un’area di venti chilometri quadrati; al suo
interno si troverebbero quindici fabbriche. Conterrebbe cinema, teatri,
ristoranti, depositi alimentari e di abiti; la maggior parte degli alloggi sono
locali di lusso paragonabili a quelli di un grande albergo. Sarebbe in grado di
ospitare centoventimila persone, che potrebbero vivervi senza mai uscirne per
circa trent’anni. Ma - guarda caso - nessuno, a parte il famoso ex ufficiale,
l’ha mai vista.