TESCHIO DEL DESTINO
Dono di compleanno.“Mio padre stava facendo degli scavi in America
Centrale, nell'Honduras Britannico (l'attuale Belize). Scoprimmo le rovine di
una città Maya, che, secondo lui avevano qualcosa a che vedere con Atlantide,
per cui continuammo a scavare per sette anni. Poi, un giorno, tra le pietre,
vidi qualcosa che scintillava. Era il mio diciassettesimo compleanno, e la
cosa mi riempì di gioia”.
A parlare è una serafica vecchia signora che sembra uscita pari pari dai
romanzi di Agatha Christie. Si chiama Anna Mitchell Hedges, ed è la figlia
adottiva di F.A.“Mike” Mitchell-Hedges, un personaggio molto popolare durante
gli anni '20. Avventuriero inglese ambizioso e intelligente, Mike
Mitchell-Hedges si spostò per anni tra le due Americhe, esercitando i più
disparati mestieri (dal cow-boy al giocatore professionista, al rivoluzionario
sotto Pancho Villa, all'archeologo) e frequentando indifferentemente il mondo
dei miliardari e quello dei soldati di ventura. La cosa “che scintillava”, lo
straordinario regalo di compleanno che riempì di gioia la giovane signorina
Mitchell-Hedges è uno degli oggetti più misteriosi mai rinvenuti durante uno
scavo archeologico: il Teschio del Destino, un cranio a grandezza naturale
scolpito in un unico, immenso blocco di purissimo cristallo di rocca, lavorato
con incredibile perizia e precisione.
Frase tagliata. Così l'anziana signora Mitchell-Hedges ha descritto il
ritrovamento del teschio in un'intervista per la trasmissione televisiva
inglese Il Misterioso Mondo di Arthur C. Clarke. Un racconto sbrigativo, quasi
fiabesco. E' dal lontano 1927, infatti, quando il teschio venne alla luce a
Lubantuun, che Mike e Anna Mitchell-Hedges rifiutano di fornire qualsiasi altro
particolare sul rinvenimento. In una sua voluminosa biografia, Danger My Ally
("Tesori nascosti e Mostri marini") l'enigmatico avventuriero dedicò
al prezioso manufatto solo poche righe. “Portammo con noi (in un viaggio in
Africa) anche il “Teschio del Destino” di cui molto si è parlato. Ho buone
ragioni per non rivelare come ne sono venuto in possesso”. Seguiva una breve
descrizione che insieme a questa frase venne “tagliata” nelle successive
edizioni del libro. Perchè? Alcuni hanno pensato a una complessa storia di
contrabbando, a un teschio sistemato a bella posta tra le rovine, in modo di
essere “ritrovato” al momento opportuno.
Perchè tanto interesse sui particolari del ritrovamento del “Teschio del
Destino”? Perchè nessun ricercatore è in grado di affermare con sicurezza
quando e da quale civiltà esso sia stato fabbricato. Secondo le poche notizie
riportate dal già citato diario di Mitchell - Hedges padre, il teschio aveva
3600 anni, e veniva utilizzato dai Grandi Sacerdoti Maya per celebrare
particolari riti magici.
Ma l'origine “ufficiale” del popolo Maya è stimata intorno al 290 d.C., (anche
se alcuni archeologi ritengono che sia molto precedente) e questa affermazione
è dunque ritenuta improbabile.
Teschi gemelli. Gli esperti del British Museum fanno risalire il teschio
alla civiltà Azteca, datandone l'origine (con moltissimi dubbi) intorno al
1300/1400 dopo Cristo. Ma cosa ci faceva un manufatto Azteco in una città Maya
dislocata molte centinaia di chilometri più a sud? Non si sa neppure con quali
strumenti il teschio fu costruito: è stata rilevata soltanto la probabile
traccia di un acuminato scalpello. In tal caso, per costruirlo, sarebbero stati
necessari almeno centocinquant’anni di lavoro ininterrotto.
Ma, a complicare questo già complicato mistero, esposto al Museum of Mankind di
Barrington Gardens, a Londra, si trova un teschio “gemello”, identico a quello
di cui abbiamo parlato fino ad ora salvo che per un particolare. Il teschio dei
Mitchell-Hedges, infatti, ha la mascella articolata, come in un cranio vero;
quello esposto al museo ha la mascella fissa. I ricercatori sono concordi
nell'affermare che i due oggetti sono stati fabbricati dalle stesse
"mani”: il cranio di Londra potrebbe dunque fornire qui lumi sulla loro
comune origine che la caparbia signora Mitchell-Hedges si ostina a negare.
"Potrebbe"; solo che anche di questo secondo, prezioso oggetto si
conosce poco o nulla. Il Museum of Mankind lo acquistò da Tiffany's, il celebre
gioielliere di New York, nel 1898, per la somma di centoventi sterline. I
dirigenti di Tiffany's non furono in grado (o non vollero) dare spiegazioni
sulla sua provenienza. Corse voce che facesse parte del bottino ammassato in
Messico da uno sconosciuto mercenario in un epoca imprecisa.
Neppure un terzo teschio di cristallo esposto al Musèe de L'Homme di Parigi,
identico nello stile agli altri due ma di dimensioni ridotte, può fornire
informazioni particolarmente interessanti. Gli esperti del Museo affermano che
faceva parte di uno “scettro magico” Azteco del XIII o XIV secolo d.C., e che
veniva usato per tenere lontano i serpenti e per prevedere il futuro.
Immagini paurose. Si dice che gli inservienti del Museum of Mankind
abbiano chiesto all'amministrazione di coprire con un panno nero il “loro”
Teschio “of Doom” per non vederselo d'intorno mentre fanno le pulizie. Doom è
una parola inglese che viene comunemente tradotta con “destino”, in mancanza di
termini più appropriati. In realtà significa davvero “destino”, ma in un
'accezione malvagia, negativa, sinistra. E' chiaro che una testa di morto, per
di più scintillante al minimo raggio di luce, non ha certo un aspetto “allegro”
e può incutere un superstizioso terrore a chi vi lavora accanto, magari da solo
e di notte. Ma, a rincarare la dose, circolano racconti tenebrosi. C'è chi
afferma di aver visto paurose immagini materializzarsi all'interno dei teschi;
chi assicura di averli sentiti gridare; chi ha perso la ragione “dopo aver
fissato le loro orbite ipnotiche e vuote”. Mitchell-Hedges asserì che, quando
il teschio venne ritrovato, i lavoranti indigeni si inchinarono ad adorarlo,
spiegando che esso era un loro dio, e poteva indifferentemente guarire da ogni
male e causare una morte spaventosa.
Verità o leggenda? Suggestioni originate dal macabro aspetto delle sculture e
dal mistero che circonda le loro origini? Oppure i teschi fanno davvero parte
dell'inquietante categoria degli “oggetti maledetti” di cui pullulano le
cronache di storia “minore” del mondo?